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14/12/2015
Vigilanza accentrata e Unione bancaria nel 2016. Gatti (DG Federcasse) pubblica articolo: "I 400 giorni che sconvolsero il Credito Cooperativo Europeo"

Riportiamo, di seguito, l’articolo del Direttore di Federcasse, Sergio Gatti, pubblicato nella rubrica Bisbetica della rivista Credito Cooperativo di Novembre 2015.

I 400 GIORNI CHE SCONVOLSERO IL CREDITO COOPERATIVO EUROPEO

di SERGIO GATTI
sgatti@federcasse.bcc.it


Alzi la mano chi il 4 novembre 2014 aveva immaginato che dopo solo appena 13 mesi vi sarebbe stato un effetto-valanga della vigilanza accentrata (e dell'Unione Bancaria) sull'assetto normativo e organizzativo delle banche cooperative dei principali paesi fondatori dell'allora Comunità europea.
Non vedo al momento mani alzate.
Nel 2016, il panorama dei gruppi e dei sistemi bancari cooperativi sarà totalmente diverso da quello di questi ultimi giorni del 2015. Non a caso, quest’anno segna lo spartiacque fra il mondo di prima, e il nuovo mondo. Ecco alcuni esempi tangibili.

Rabobank, Olanda. Dal 1 gennaio 2016, non esisteranno più 106 banche cooperative locali. Il 2 dicembre 2015, i Consigli di amministrazione di quelle 106 banche locali, più il Cda di Rabobank Nederlands (la banca di secondo livello), hanno votato il merger in unica legal entity, costituendo una sola banca cooperativa con un’unica licenza bancaria. Le ex-106 banche locali cessano di
essere tali e diventano “departments” di Rabobank Nederlands. Già compliant con l’art. 10 del CRR, la realtà cooperativa più integrata è andata oltre.

Crédit Agricole, Francia. Il sistema del Crédit Agricole è contemporaneamente impegnato in un intenso confronto con la BCE anche sul progetto della banca francese di dotarsi di un IPS (Institutional Protection Scheme-Fondo di Garanzia Istituzionale) e in un vivace confronto interno per rivedere la governance della capogruppo (la Crédit Agricole Societè Anonime), posseduta per il 56% dalle Casse Regionali e quotata alla Borsa di Parigi per il resto. Le Casse Regionali chiedono in sostanza di poter contare di più e una nuova architettura di controllo è oggetto di discussione.
Il profilo della più grande banca cooperativa francese ne uscirà profondamente mutato. La realtà cooperativa europea più integrata dal livello regionale a quello locale (già compliant con art. 113.6, CRR) si integrerà di più anche dal livello regionale a quello nazionale.

Crédit Mutuél, Francia. Una delle realtà bancarie cooperative più visitate e studiate dai cooperatori italiani, vedrà la trasformazione e integrazione della Confederation Nationale du Crédit Mutuél (status giuridico di associazione ma, ai fini prudenziali, considerata ente centrale)
con la Cassa confederale. In questa operazione, avverrà la trasformazione della soggettività giuridica della Confederation che non sarà più associazione ma ente finanziario assoggettato alla vigilanza prudenziale.

DZ Bank-WGZ Bank, Germania. Fusione storica tra le due banche di secondo livello, preludio dell’inizio di una coesione via via più integrata delle 1.047 banche Raiffeisen e banche popolari del sistema BVR. La presenza di un fondo volontario molto consistente accumulato in
oltre 80 anni - da quasi dieci anni divenuto IPS, dipartimento dell’Associazione nazionale BVR - ha consentito fino ad oggi di realizzare una forma di coesione compliant con l’art. 113.7, CRR. L’accordo di fusione tra le due banche centrali della cooperazione bancaria tedesca annunciato il 19 novembre scorso secondo alcuni osservatori è il primo passo verso il passaggio da una coesione ad una progressiva integrazione tra la nuova banca centrale e le singole cooperative bancarie locali. Quanto spingeranno in tal senso le sollecitazioni della normativa e della vigilanza accentrata?

BCC, Italia. Il progetto di autoriforma è stato consegnato alle Autorità italiane la scorsa estate. Il provvedimento di riforma tarda. Anche il contesto normativo e regolamentare
specifico per le BCC cambierà in modo considerevole. L’integrazione in un Gruppo Bancario Cooperativo dovrà in ogni caso soddisfare i requisiti proposti da Governo e Autorità, italiane ed europee, mirate ad assicurare una migliore governance di sistema, una più efficace allocazione delle risorse, una vigilanza più efficiente e una più immediata possibilità di prevenire e gestire le crisi.

Sono passati meno di 400 giorni da quel 4 novembre. Per certi versi sembrano cento anni. Mario Draghi ha detto che in quattro anni è cambiato tutto. I designers (o policy makers) della nuova architettura regolamentare bancaria hanno corso come forsennati, hanno osato molto.
Hanno raggiunto l’obiettivo di sconquassare l’assetto giuridico e organizzativo soprattutto delle banche cooperative europee. Il fine varrà il mezzo?
Come difendere, modernizzandolo, un modo tipicamente europeo di fare banca partecipata? Come salvaguardarlo da un approccio volutamente omologante, intenzionalmente incurante del valore della partecipazione (se ben governata, ovvio)? Come tutelare quell’idea e quella pratica di fare banca con un senso, con una visione dell’economia e dello sviluppo originali?
Sono domande di drammatica attualità.

Qualcuno osserva che la forma d’impresa cooperativa nei Palazzi d’Europa non è tollerata. Che non la si vuole includere nel panorama, non si vuole integrarla. Solo marginalizzarla. La forma dell’impresa (anche nel mercato bancario) dovrebbe essere neutra. In principio lo è.
Come sempre non serve lamentarsi e cercare alibi. Ciò che più conta nel difendere la forma cooperativa è il fare bene, evolvere l’approccio mentale e gli assetti organizzativi per restare cooperativi nella sostanza oltre che nella forma e non trasformare - restando immobili - la forma giuridica in una gabbia che diventi un impedimento al raggiungimento degli obiettivi della legislazione. Ancora una volta doppio e parallelo piano di lavoro: contrasto
alla legislazione avversa e capacità di anticipare o almeno accompagnare i cambiamenti. Non ci si può più permettere di essere in ritardo rispetto alla lettura dei grandi movimenti storici a cui assistiamo. La storia, in questo caso con riferimento all’integrazione europea e del mercato unico, sembra a lungo immobile, ma poi fa scatti veloci e radicali. Chi resta fermo, rimane schiacciato nell’ingranaggio. Aver bucato l’obiettivo di darsi un FGI-IPS prima del 4 novembre 2014 è evidentemente un errore. (vedi Bisbetica gennaio-febbraio 2014).

Dovremo essere più pragmatici. Più capaci. Più veloci. Le diverse traiettorie disegnate da Rabobank (da integrazione a banca unica) e delle Raiffeisen-Popolari tedesche (coesione e autonomia responsabile) ci dicono qualcosa?
Inseriamo i 10 punti del Progetto di autoriforma delle BCC in questo contesto storico particolarmente dinamico (Bisbetica, ottobre 2015). Si capirà meglio come quei 10 punti abbiano guardato all’obiettivo di difendere princìpi irrinunciabili e vincenti. Anche sotto il profilo del conto economico. E a realizzare - prima in fase normativa, il TUB, poi in fase attuativa, contratto di coesione e assetto di governance - una via italiana alla cooperazione bancaria dell’Unione Bancaria. Decisiva risulterà l’interpretazione di quel modello giuridico (costruito come flessibile) per farne un modello di business capace di generare reddito proprio perché chiamato a soddisfare finalità mutualistiche. Se uno sguardo di costruttiva autocritica è esercizio sano e lungimirante, ugualmente rivolgiamo osservazioni critiche verso l’esterno. L’Unione Bancaria rischia di perdere  per strada, schiacciati dal cambiamento troppo grande e troppo rapido, pezzi fondamentali della linfa all’economia, quali le banche cooperative.

Nei Palazzi di Bruxelles occorrerà far sì che Mercato Unico non significhi mercato uniformato. Questa è la sfida più grande in termini politici. Se il primo è un bene, il secondo è invece un risultato che porta con sé distruzione di ricchezza, aumento del rischio, depauperamento delle culture e delle società fiorite nei territori.
Fino a che punto la politica può delegare le decisioni a organi tecnici illudendosi di mantenere il controllo democratico sulle stesse? Fino a che punto il tecnocrate ha piena consapevolezza dell’impatto socio-economico della proprie scelte? Quanto è disponibile al confronto, senza rifugiarsi dietro la mera applicazione - a volte miope - della norma? Così facendo, infatti, perfino una norma in origine positiva, può portare ad applicazioni dannose.
L’incisività delle decisioni degli organismi tecnico-legislativi, a monte di natura apparentemente solo tecnica, produce a valle una trasformazione socio-politica di grande rilievo. È un dato che viviamo in queste settimane successive al decreto legge del 22 novembre che ha portato a risoluzione quattro banche italiane.

Il cambiamento epocale che stiamo attraversando, così rapido e potente, deve vederci pronti e proattivi, da una parte, e tenacemente combattivi, dall’altra: non è consentito di investire con cieca dozzinalità i connotati che, fino ad oggi, hanno fatto delle banche cooperative un perno di resilienza, di servizio alle comunità, di solidità nella diversità dell’industria bancaria. Proattivi e combattivi. Alzi la mano chi …