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Riportiamo, di seguito, l’articolo del Direttore di Federcasse, Sergio Gatti, pubblicato nella rubrica Bisbetica della rivista Credito Cooperativo di Dicembre 2015.
LA DELEGA
di SERGIO GATTI
sgatti@federcasse.bcc.it
6-20 dicembre. Nel giro di quattordici giorni il presidente del Consiglio interviene quattro volte, in piazze mediatiche molto seguite, sulla complicata vicenda delle quattro banche portate a risoluzione il 22 novembre. Nelle stesse pubbliche riflessioni parla pure della riforma del Credito Cooperativo.
Ma in occasione del Consiglio Europeo del 18 dicembre il premier italiano è anche intervenuto con
durezza sulla linea della Commissione di Bruxelles in materia di salvataggi bancari, di strumenti europei di protezione dei depositi, di eccessiva e interessata influenza di certi Paesi. Le cose sono in relazione.
Non pochi hanno infilato nello stesso minestrone, in ciò indotti anche da titoli di giornali e da una qualche superficiale sintesi giornalistica, il decreto salva- depositi e l’atteso decreto di riforma delle BCC.
Federcasse è intervenuta a tutti i livelli (anche duramente) nel corso di questo mese per fare chiarezza e aiutare opinione pubblica, soci e clienti a discernere ciò che va collegato (linea di Bruxelles e difficoltà crescenti nel risolvere le crisi bancarie) e ciò che va tenuto separato (intervento congiunturale sulle quattro banche e intervento strutturale di riforma delle BCC). Parte degli interventi sono stati diretti e pubblici, con comunicati, interviste e dichiarazioni su tutti i media, tradizionali e digitali. Il 23 dicembre i più importanti quotidiani nazionali e locali hanno poi pubblicato l’annuncio a tutta pagina #iostoconlebcc (riportato in questo numero di Credito Cooperativo) e un’ondata virale di adesioni si è registrata sui principali social network.
Il punto ora è il cambio di marcia, non delegare più a tecnocrazie non elette. Il Governo italiano emanerà probabilmente entro poche settimane il decreto di riforma delle BCC che dovrebbe basarsi sui Dieci punti elaborati dal Credito Cooperativo, più volte illustrati in queste pagine. Ma il Governo dovrà con costanza e tenacia continuare a porre a Bruxelles la questione delle norme europee in materia bancaria, della loro interpretazione, della loro indispensabile evoluzione. E puntare a risultati, non facili, ma concreti. Chiamo in soccorso Donato Masciandaro.
“I termini della vicenda sono riassumibili nella risposta a quattro quesiti sequenziali. Sul piano dell’analisi economica, le regole europee sugli aiuti di Stato alle banche sono chiare? No. Questa situazione consente alla burocrazia europea ampia discrezionalità? Sì. Tale discrezionalità ha finora creato applicazioni distorsive della normativa? Sì. La politica, europea e nazionale, si è finora girata dall’altra parte? Sì. La ragione? Reciproca convenienza delle burocrazie europee e dei governi, comunitari e nazionali. Ricordiamo che il meccanismo è semplice, e parte dalla constatazione del fatto che in termini normali i politici non si occupano direttamente e sistematicamente delle regole legate al funzionamento dell’industria bancaria e finanziaria, ma preferiscono delegarle a burocrazie non elette. Lo fanno perché per i politici è conveniente delegare quei poteri che sono contemporaneamente a basso rendimento ed alto rischio, dal punto di vista del consenso elettorale…” (Il Sole 24 Ore, 24 dicembre 2015).
Quanto sia importante la questione, i Cda delle BCC lo sanno bene. Ieri e oggi: il continuo incremento degli oneri di conformità a norme in pratica mai proporzionali.
Oggi e domani: le soluzioni delle crisi di alcune BCC divenute complicate nel corso di questo 2015 (Banca Romagna Cooperativa, Padovana, Irpina, Brutia) a causa di un’interpretazione unilaterale da parte della Commissione Europea delle norme sugli aiuti di Stato, sulla ristrutturazione e risoluzione delle banche (direttiva BRRD, recepita il 16 novembre), sui fondi di garanzia dei depositi (direttiva DGS, in via di recepimento). Soprattutto nei casi in cui si cerca di evitare gli effetti devastanti dei fallimenti atomistici con misure ragionevoli e poco costose, favorendo la cessione di attivi e passivi bancari ad altri intermediari e salvaguardando i depositanti e le funzioni critiche di una banca, il comportamento del policy maker (in questo caso la Commissione Ue) dovrebbe favorire la soluzione di una crisi al minor costo tenendo conto anche del level playing field nel senso più ampio del termine. Nei casi sopra descritti, non è andata così. Il sistema BCC ha trovato o sta trovando soluzioni di volta in volta diverse ed efficaci, ma tendenzialmente più costose a causa di una serie di vincoli non sempre formalmente espressi. Governo e parlamenti ritirino la delega alle tecnocrazie.
Senza avventurarsi in comode e sterili dietrologie, vale però tenere presente quanto dichiarato il 19 dicembre a Federico Fubini del Corriere della Sera da Lars Feld, uno dei cinque consiglieri del governo tedesco, forse il più vicino al ministro delle Finanze Schaeuble. Titolo: “Dovrete colpire i risparmi privati. E forse vi servirà un salvataggio Ue”. Concetti: “I crediti inesigibili vanno affrontati a livello nazionale” (ma da due anni non si trova l’accordo tra Italia e Commissione su una soluzione realistica e compatibile con le norme europee e la loro interpretazione).
“Il bail-in può sempre essere seguito da instabilità. C’è sempre rischio di contagio quando si interviene su una banca, … e in caso di contagio, ci sono strumenti europei per gestirlo”. “…la Commissione Ue impedirà salvataggi delle banche da parte del governo o sussidi nascosti agli istituti… Non prevedo un contagio. In ogni caso, staremo a vedere” (ride). “Io sono a favore del bail-in, ma come va trattato un governo (quello tedesco, ad esempio, presente nel capitale della Hsh Nordbank, ndr) in qualità di azionista è un’altra questione”. No comment.
Restano valide le cinque richieste (più una) dell’Assemblea Federcasse 2015.
1. Eliminare dal quadro regolamentare (anche prospettico) l’incertezza e le insidie che renderebbero sempre meno sostenibile l’erogazione del credito.
Il costruendo Accordo Basilea 4 non diventi l’ulteriore, irreparabile ostacolo alla possibilità di finanziare l’economia. Non si aumentino gli assorbimenti patrimoniali per l’attività di impiego alle imprese, non si dia seguito alla proposta di prevedere un assorbimento patrimoniale per l’acquisto di titoli di Stato dei Paesi europei, non si esageri nel rendere più stringenti i criteri di valutazione del credito deteriorato;
2. ridurre la discrasia tra politica monetaria espansiva e normativa prudenziale restrittiva;
3. promuovere, in tutti i livelli di regolamentazione, una “proporzionalità strutturata”, superando l’attuale approccio di “proporzionalità caso per caso”. La proporzionalità merita un approccio serio, non occasionale, non negoziata di volta in volta. Va inserita già nella fase di prima scrittura della norma;
4. armonizzare in modo intelligente i vari segmenti nazionali del quadro regolamentare europeo: norme bancarie, finanziarie, fallimentari, penali economiche;
5. realizzare, a tutti i livelli di regolamentazione, una effettiva e concreta semplificazione. Più una,
rivolta l’11 dicembre scorso al Governo italiano:
6.si ottenga quanto prima un quadro regolamentare certo e definito, un sistema di relazioni inter-istituzionali europee trasparente e non fondato su prassi operative stabilite unilateralmente da strutture tecniche.
Non scordiamo che un altro approccio è storicamente realizzato: “Per promuovere in modo efficace sicurezza e solidità e garantire il rispetto dei consumatori, senza creare oneri normativi ingiustificati, le regole e gli approcci di vigilanza dovrebbero essere disegnati in relazione ai diversi tipi di intermediari, come nel caso delle banche di comunità”. Così Yanet Ellen, presidente Federal Reserve, il 4 novembre. Dunque, ritirare la delega, porre paletti precisi, difendere meglio gli interessi italiani e quelli delle banche locali. “Non spaventarti se il lavoro è molto”. Così, Primo Levi, nella sua poesia Delega.